Viviamo in un mondo dove i vari servizi di streaming, video o audio che siano, ci consentono di spendere poco ed avere tanto. E presto ciò si allargherà anche ai videogiochi, per la gioia dei nostri portafogli. Tuttavia, ci sarà sempre qualcuno che si affiderà alla pirateria online, che sia per principio o per “necessità economiche”. E per quanto ciò sia fondamentalmente una brutta abitudine derivante dal far west che era internet fino a qualche anno fa, a pensarla diversamente è l’Università dell’Indiana.
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Secondo l’Università dell’Indiana la pirateria è uno strumento positivo
Secondo uno studio condotto da un gruppo di ricercatori, la presenza della pirateria online comporterebbe due aspetti benefici per il mercato dell’intrattenimento. Quello più rilevante riguarda la capacità di influenzare positivamente l’andamento dei prezzi. In soldoni, più la gente è disposta a scaricare, meno le aziende possono fare la cresta sui costi. Il secondo punto riguarda l’anti-pirateria, un fenomeno che, per certi versi, è paragonabile al proibizionismo.
Inoltre, alcuni importanti produttori hanno affermato come la diffusione illegale dei contenuti non faccia altro che alimentare l’hype anche per coloro che pagheranno per fruirne. Certo, magari qualche utente non andrà al cinema o non si comprerà quell’album, ma quei soldi persi vengono così recuperati risparmiando in manovre di marketing. Persino il CEO di HBO, Richard Pleper, ha affermato che la condivisione delle password per le piattaforme di streaming non sia un problema che vada ad influire più di tanto sugli incassi.
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