Il Venezuela è un Paese che sta vivendo giorni bui. Maduro, il Presidente, ha creato il Petro, la criptomoneta inizialmente garantita dal petrolio. Ne verranno immesse sul mercato 100 milioni di unità (di token), e il valore sarà appunto “agganciato” a quello del petrolio.
Questa mossa appare alquanto azzardata; dopo aver soffocato e portato alla fame il Paese con un Governo dittatoriale, Maduro va infatti a (s)vendere le riserve (non ancora estratte e presunte) del Paese.
Petro, una trovata finanziaria molto creativa
Maduro ha affermato che il Petro sarà sostenuto da 5 miliardi di barili di petrolio, ed in base all’ultimo prezzo del paniere di riferimento la capitalizzazione totale di mercato si aggirerebbe attorno ai 5,9 miliardi di dollari (come termine di paragone vi ricordo che Bitcoin ha una capitalizzazione di mercato di circa 275 miliardi di dollari).
“Ho ordinato l’emissione di 100 milioni di Petros con il supporto legale della ricchezza petrolifera del Venezuela“. Secondo il presidente la nuova criptovaluta dovrebbe aiutare il paese a sfidare la “tirannia del dollaro“. Non è invece ancora chiaro se gli obbligazionisti del Venezuela saranno pagati con la nuova criptovaluta. E’ già attiva una commissione che ha il compito di ristrutturare o rifinanziare il debito estero del Venezuela (che è a rischio default).
Il Petro potrebbe rivelarsi un fallimento: sarà davvero così?
Il Petro sarà assegnato tramite aste o assegnazione diretta da parte di un “sovrintendente” della criptovaluta. Tuttavia gli scambi della criptovaluta sono ancora in una fase di “sperimentazione“.
Se tuttavia la cifra di 5,9 miliardi di dollari sarà confermata il rischio è che l’impatto della nuova criptovaluta sulla situazione finanziaria del paese potrebbe essere limitato e molti analisti ritengono che sarà un fallimento.
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