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Facebook ci ricasca? Il NYT accusa l’azienda di condividere i dati con i produttori di smartphone

Dopo il caso Cambridge Analytica, si ritorna a parlare di Facebook e di sicurezza, a causa di un lungo articolo pubblicato dal New York Times, in cui il colosso social viene accusato di fornire dati sensibili degli utenti e dei loro amici ai produttori di dispositivi mobili. La replica da parte della compagnia di Mark Zuckerberg non ha tardato ad arrivare e questa volta sembra proprio che Facebook non sia intenzionata a fare mea culpa.

Facebook: il New York Times accusa pubblicamente il social network

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Secondo la celebre testata giornalistica statunitense, nel corso degli ultimi 10 anni Facebook avrebbe fornito informazioni personali degli utenti a numerosi produttori di dispositivi mobili, circa 60. Tra queste, ovviamente, nomi di spicco del calibro di Samsung, Apple, Microsoft, HTC, Amazon, BlackBerry e molti altri. Per la precisione, i vari OEM hanno accesso non solo ai dati degli utenti, ma anche a quelli dei loro amici. Insomma, una reazione a catena devastante, e tutto senza l’esplicito consenso degli interessati.

Una nuova tempesta per Facebook, dopo la spinosa questione di Cambridge Analytica, ma è bene non sovrapporre le due cose. Proprio questo, infatti, è il principale punto su cui preme il New York Times. Nel suddetto caso, gli stessi utenti avevano accettato di condividere i propri dati con un’applicazione di terze parti, con le disastrose conseguenze che ben conosciamo. Invece, l’episodio a cui fa riferimento la testata riguarda esclusivamente il rapporto tra la piattaforma social ed i proprio iscritti. E in questo caso, la violazione sarebbe parecchio grave.

La risposta di Facebook

La risposta del team di Zuckerberg non ha tardato ad arrivare. In un post sul blog ufficiale è stata chiarita la posizione di Facebook al riguardo, e non sembrano esserci ripensamenti. Per quanto riguarda questa situazione la società riferisce che le device-integrated APIsotto accusa da parte del NYT non sono assolutamente a rischio e spiega nel dettaglio il loro utilizzo.

Precisamente, queste API sarebbero state lanciate 10 anni fa per supportare l’approdo di Facebook sui vari dispositivi mobili. In quel periodo, il binomio Android/iOS era tutt’altro che predominante come oggi; la compagnia faceva una gran fatica per portare il social a bordo di tanti smartphone e sistemi operativi differenti. Inoltre, non erano presenti i cosiddetti app store, una realtà consolidata oggigiorno.

Di conseguenza, le varie aziende (come Facebook, Google, YouTube e simili) dovevano necessariamente lavorare a stretto contatto con i produttori di dispositivi e dei rispettivi sistemi operativi. Raggiungere tutti i modelli era impossibile e per questo motivo venne creata un API per consentire ai vari OEM di ricreare un’esperienza simile a Facebook, senza un’apposita app e sfruttando le funzionalità browser.

Quindi, stando a quanto dichiarato dallo stesso colosso social, tali informazioni personali non sono state assolutamente cedute a società esterne, né utilizzate per altri motivi. Inoltre, vista la diffusione capillare di Android e iOS, allo stato attuale nessuno dei produttori citati utilizza più queste API, tanto che alcune di esse verranno rimosse presto.

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