Quest’oggi ci ritroviamo ad analizzare notizie recentissime sul Data Gate. Pare infatti che, Christopher Wylie, nell’apparire davanti al comitato giudiziario del Senato, abbia concesso delle rivelazioni a dir poco sconcertanti. Nel mirino dell’ex dipendente anche la condotta pressapochista di Facebook.
Le dichiarazioni dell’ex informatore Christopher Wylie rivolte direttamente al vicepresidente Steve Bannon lascerebbero a bocca aperta. In sostanza, pare che la società abbia cercato, negli anni precedenti alle ultime elezioni, di sviluppare tattiche di soppressione dell’elettorato afro-americano. Pur non partecipando a questo progetto, Wylie ha deciso di testimoniarne l’esistenza, dichiarando come questi comportamenti fossero alla base della sua decisione di allontanarsi. Pur ammettendo l’esistenza di questi programmi, però, non è riuscito a dare al Senato ulteriori informazioni non facendo parte del team preposto ai tempi di Cambridge Analytica.
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Allo stato attuale, in sede giudiziaria non si è andati oltre dal momento che lo stesso ex impiegato non è riuscito a fornire ulteriori informazioni in merito. Il dato di fatto, però, è che Bannon sia stato più volte ripreso come un simpatizzante della destra nazionalista. Inoltre, prosegue Wylie, l’azienda adempiva soltanto al compito che le era stato chiesto dai clienti.
Nell’ultima fase dell’interrogatorio, però, scorgiamo qualcosa di interessante in stretta relazione al famigerato Data Gate che vede coinvolta la stessa Facebook. In calce al discorso, infatti, Wylie nel voler rimarcare l’assenza di principi morali all’interno della propria azienda tira in ballo Facebook. Lui stesso afferma che quando l’azienda di Zuckerberg ha chiesto a Cambridge Analytica di certificare la cancellazione dei dati che stava usando in violazione delle regole aziendali, si è limitata a considerare per valido un solo documento autocertificato, non richiedendo la presenza di un notaio.
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