Se avete uno speaker Echo, sappiate che potrebbe esserci un dipendente Amazon che ascolta le vostre conversazioni con Alexa. No, non si tratta di una teoria complottistica ma dell’affermazione fatta da due collaboratori del colosso dell’e-commerce. Ovviamente il tutto non viene fatto in maniera illegittima e non in modo nocivo (almeno si spera…), ma per puro scopo tecnico/didattico.
Aggiornamento ore 16:00 – Amazon Italia rilascia un comunicato ufficiale in questione: lo trovate in fondo all’articolo.
A portare alla luce questa rivelazione è Bloomberg, il quale riporta le dichiarazioni di due lavoratori Amazon con sede negli uffici di Bucarest. Non si tratta di informazioni pubbliche, dato che i lavoratori coinvolti in questo programma sono tenuti a firmare un accordo di riservatezza. Ma ciò non ha impedito alla notizia di saltare fuori, provocando un certo sussulto nel settore, anche se possiamo dire di star parlando del segreto di Pulcinella.
Amazon avrebbe quindi impiegato migliaia di persone in giro per il mondo, alcune part-time, altre full-time, in modo da migliorare la capacità di comprensione di Alexa. Ogni membro del team sarebbe incaricato di ascoltare registrazioni vocali effettuate dagli utenti in possesso di uno dei vari dispositivi Echo. Per 9 ore al giorno ognuno di questi revisori controlla circa 1000 estratti audio, analizzandoli ed elaborandoli per aumentare il grado di comprensione dell’assistente vocale targato Amazon.
Per esempio, uno dei dipendenti di Boston afferma di aver analizzati registrazioni vocali relative a “Taylor Swift”, annotandoli per far capire ad Alexa che in tal caso il riferimento è all’artista musicale. Ma possono capitare anche clip audio ben più delicate: immaginate di star effettuando un acquisto che non vorreste fosse noto agli altri, per esempio.
E qua subentra l’aspetto più controverso, ovvero quello legato alla privacy. A tal proposito, l’azienda ha specificato che gli estratti audio sono molto brevi ed anonimi e che ci sono tecnicismi che impediscono che gli analizzatori abusino di questa pratica. Ciò significa che i dipendenti non hanno modo di sapere da quale account provenga un determinato file audio, in quanto è indicato soltanto il nome della persona registrata.
Per quanto probabilmente nei cavilli di Amazon ed Alexa sia riportato tale aspetto, siamo sicuri che i possessori di speaker smart siano consci di essere ascoltati da persone in carne ed ossa? Anche perché, controllando nelle policy di Amazon, l’unico riferimento è il seguente: “A seconda di come utilizzi Alexa, potremmo raccogliere altre tipologie di informazioni e usarle per fornire e migliorare la tua esperienza e i nostri servizi.” Non c’è quindi un vero e proprio riferimento all’utilizzo di controllori umani. E la cosa probabilmente potrebbe accadere anche fra le mura di Google ed Apple, con i rispettivi Google Assistant e Siri.
Ecco quanto dichiarato ufficialmente dal team di Amazon Italia:
“Amazon prende sul serio privacy e sicurezza delle informazioni personali dei clienti. Annotiamo solo un numero estremamente minimo di interazioni da un gruppo di clienti selezionati in modo casuale, al fine di migliorare l’esperienza del cliente. Queste informazioni ci aiutano, ad esempio, ad addestrare i nostri sistemi di riconoscimento vocale e di comprensione del linguaggio naturale, in modo che Alexa possa capire meglio le richieste dei clienti e assicurare che il servizio funzioni bene per tutti. Abbiamo sistemi di sicurezza rigorosi a livello tecnico e operativo, e tolleranza zero per gli abusi dei nostri sistemi. I dipendenti non hanno accesso diretto alle informazioni che permettono di identificare la persona o l’account le cui interazioni sono coinvolte in questa attività. Tutte le informazioni sono trattate con la massima riservatezza e, per proteggerle, usiamo sistemi di autenticazione a più livelli per limitare l’accesso, servizi di crittografia e audit sul nostro sistema di controllo; al tempo stesso, i clienti possono sempre cancellare le proprie interazioni in qualsiasi momento.“
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