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Microsoft HoloLens ha assistito un team di chirurghi durante un’operazione

Il futuro sembra essere arrivato. Un team di chirurghi dell’Imperial College Londo, ha condotto, per la prima volta su pazienti umani, un’operazione servendosi del visore a realtà mista Microsoft HoloLens. Un utilizzo specialistico di tale visore, come era stato auspicato Lorraine Bardeen, general manager del progetto HoloLens. La delicata operazione di ricostruzione dei tessuti e delle ossa delle gambe è stata facilitata dalle possibilità offerte dal visore.

Microsoft HoloLens ha permesso ai chirurghi di vedere sotto la pelle

Questo tipo di operazioni sono particolarmente delicate e richiedono una precisione assoluta. In caso di gravi lesioni che necessitano della ricostruzione tramite tessuti prelevati da altre parti del corpo, un passaggio cruciale è quello della connessione immediata con i vasi sanguigni. Questo permette infatti al sangue e quindi all’ossigeno di irrorare i tessuti, che altrimenti morirebbero. Anche un errato collegamento tra i lembi fasciocutanei potrebbe avere dei risvolti negativi.

L’utilizzo del visore ha consentito ai medici di poter osservare in tempo reale dove stavano operando in quel momento. All’interno del visore erano state caricate le immagini delle scansioni precedentemente effettuate sugli arti tramite TAC. Queste scansioni erano state poi segmentate in ossa, tessuto adiposo, muscoli e vasi sanguigni, dunque elaborate e caricate nei visori. I chirurghi, tramite dei movimenti delle braccia avevano la possibilità di decidere quale segmento osservare e quindi operare. Sempre tramite dei movimenti potevano anche ricalibrare al millimetro l’immagine del visore sulla gamba del paziente.

Siamo uno dei primi gruppi al mondo ad utilizzare con successo gli HoloLens in sala operatori. Abbiamo dimostrato che è una tecnologia che può aiutare i chirurghi in modo pratico. Con gli HoloLens guardi la gamba e, in sostanza, vedi cosa c’è dentro. Vedi le ossa, i vasi sanguigni e puoi localizzare facilmente gli elementi chiave“. Queste le parole di Philip Pratt, il ricercatore responsabile dello studio pubblicato sulla rivista European Radiology Experimental.

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