Da quando l’allerta Coronavirus ha fatto sì che il Governo decidesse per la chiusura di moltissimi negozi fisici, il più dello shopping si è spostato online. In particolar modo su Amazon, le cui conseguenze si sono riflesse nel rallentamento delle spedizioni Prime ed una scarsa disponibilità dei prodotti su Amazon Pantry. Fortunatamente la situazione è ancora sotto controllo, per quanto il colosso dell’e-commerce stia dando priorità ai prodotti di prima necessità. In maniera quasi opposta a queste problematiche, Amazon ha deciso di venire incontro ai propri utenti, allungando i tempi di reso.
Uno dei tratti maggiormente distintivi di Amazon è proprio la politica dei resi. Il vantaggio rispetto ai negozi fisici è il poter effettuare un reso entro 30 giorni, anche senza motivi veramente validi. Trascorsi i 30 giorni, il recesso (o la sostituzione) sarà possibile solamente se i motivi ricadono in quelli tutelati dalla garanzia legale.
Ma oggi è successo qualcosa. Se ci si reca sulla pagina del proprio storico di acquisti su Amazon, è possibile notare come prodotti acquistati mesi fa siano ancora idonei al reso fino al 31 maggio 2020. Per essere specifici, a beneficiare di questa dilatazione delle tempistiche sono tutti i prodotti acquistati dal 31 gennaio in poi.
I motivi per questo cambio di direttiva sono due. Il primo è legato al calo della forza lavoro derivante dal Coronavirus: avendo meno personale intento a gestire i resi, allungare i tempi sarebbe necessario per permettere loro di poter svolgere tutti i controlli. L’altro è che Amazon sta comunicando ai venditori di non accettare più ordini che non riguardino ben alimentari o sanitari. Così facendo, si darà priorità di rifornimento, vendita e spedizione a queste due categorie, accantonando tutto il resto. Da qui potrebbe nascere la volontà, quasi paradossale, di avere più resi, con cui eventualmente “rifornire” Warehouse. Specifico che quest’ultima è soltanto una mia ipotesi, ma non credo sia poi così assurda.
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