Era la primavera del 2019 quando il cosiddetto pezzotto teneva banco fra le notizie più chiacchierate. Questo per i numeri generati, con un fatturato complessivo attorno ai 200 milioni di euro che non ha potuto non disturbare realtà come Sky, DAZN, Netflix e Mediaset Premium. Le ire di queste piattaforma si sono prontamente riversate contro gli operatori telefonici, rei di non aver fatto niente per fermare i colpevoli. E a distanza di un anno arrivano le prime denunce ai danni di coloro che finora ne hanno approfittato.
La notizia arriva dal Nucleo Speciale Beni e Servizi di Roma, ente governativo incaricato di indagare sull’accaduto, in collaborazione con il Fapav (Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali). E proprio queste indagini hanno portato alla denuncia per 223 utenti, accusati di aver violato le leggi che tutelano il diritto d’autore. Le conseguenze legali? Il sequestro della strumentazione adoperata per la violazione di queste leggi, nonché multe fino a 25.000 euro e, nei casi più gravi, fino ad 8 anni di carcere. Ecco quanto dichiarato dalle autorità coinvolte:
“Il mercato della pirateria riveste un business molto fiorente che si poggia su una vasta platea di clienti che lo alimentano, molto spesso ignari delle conseguenze cui si espongono e degli ingenti danni economici che tale pratica comporta sia ai titolari dei diritti sia all’economia nazionale.“
Nel frattempo, le indagini proseguono e riguardano quella che è stata definita una “complessa organizzazione con decine di reseller e centinaia di clienti“. Bastano pochi euro per poter aggirare le piattaforme colpite, fra un TV Box da circa 100€ ed un abbonamento (ovviamente illecito) attorno ai 10€ mensili. Senza considerare i rischi che derivano dalla condivisione dei propri dati privati con i malintenzionati che gestiscono tali affari.
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