Spesso quando in rete salta fuori il discorso 5G si creano discussioni, anche piuttosto animate, sui possibili danni alla salute che questa nuova tecnologia causerebbe. Ad esprimersi in merito questa volta è Angelo Marcello Cardani, professore nonché presidente di AGCOM. Da poco è stato rilasciato un nuovo documento diretto alla Camera dei Deputati, nel quale viene analizzato questo fenomeno per fare maggiore chiarezza sui possibili rischi che ne potrebbero derivare.
Come asserisce il prof. Cardani, il 5G rappresenterà una rivoluzione dei sistemi radiomobili, favorendo l’espansione del settore IoT ed aprendo le porte a nuovi segmenti di mercato. Per il passaggio da 4G a 5G sarà necessario che le nazioni garantiscano risorse spettrali adeguate per sostenere tale cambiamento. Ciò significa l’allocazione degli spettri di frequenza ai vari operatori telefonici e qua scatta il “problema”, avvertito tale dai più scettici.
Le bande prioritarie per lo sviluppo del 5G saranno quella a 700 MHz, da 3.4-3.8 GHz e da 24.25-27.5 GHz. La prima, quella a 700 MHz, sarà essenziale affinché le nuove reti permeino su larga scala e in ambienti al chiuso. Questo perchè, salendo in frequenza, aumenta la potenza ma cala la copertura, rischiando che ostacoli come edifici e mura domestiche si frappongano fra antenne e dispositivi riceventi. La diffusione del 5G beneficerebbe, fra l’altro, i paesini più isolati, permettendo una riduzione del famigerato digital divide che, seppur in maniera via via minore, ancora affligge il nostro paese.
Secondo quanto riportato nel documento, i test condotti nelle fasi sperimentali hanno dimostrato come il 5G non abbia effetti ambientali o sanitari. Questo perché questa tecnologia produce un inquinamento elettromagnetico molto inferiore rispetto alle già esistenti reti 2G/3G/4G. A tal proposito, l’AGCOM ha tenuto a sottolineare come i limiti imposti in Italia siano più stringenti rispetto alla maggior parte delle altre nazioni, “senza una fondata giustificazione scientifica“.
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