FaceApp, applicazione peraltro non recentissima, nell’ultima settimana sembra essere tornata a nuova vita offrendo, grazie all’ottimizzazione AI offerta dalla compagnia Wireless Lab, la possibilità di trasformare il proprio volto (o quello di amici).
Non ci dilunghiamo più di tanto sulle funzionalità perché ormai le conoscerete tutti, ma piuttosto poniamo l’attenzione su i rischi derivanti dall’utilizzo dell’app virale. Tutto è iniziato da un tweet di Joshua Nozzi. Lo sviluppatore, infatti, avvertiva gli utenti della possibilità che l’app caricasse tutta la galleria all’interno del sistema e non solo le immagini richieste.
Nonostante l’affermazione sia stata smentita, rimangono i dubbi sulla limpidità di FaceApp. In particolar modo, a far riflettere sui (secondi) fini dell’app, è il metodo con qui quest’ultima agisce sulle immagini. I filtri tanto acclamati sono infatti applicati da remoto e non direttamente dallo smartphone. Ciò significa, automaticamente, che le foto caricate (ma anche tutte quelle nel rullino) finiranno in database esterni. A rendere ancora più agghiacciante la vicenda, sono i termini di servizio di FaceApp che tutti gli utenti hanno – obbligatoriamente – dovuto accettare.
In parole povere, per trasformarci in anziani, giovani e così via, l’app chiede una licenza perpetua, irrevocabile, non esclusiva e trasferibile per utilizzare, riprodurre, modificare, adattare, pubblicare, distribuire ed eseguire pubblicamente i contenuti del sottoscrivente in tutti i formati e canali multimediali conosciuti e successivi senza alcun compenso.
Sostanzialmente, aderendo alle condizioni di utilizzo, gran parte della vostra vita multimediale sarà messa nelle mani di FaceApp.
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