Ieri a Strasburgo è stata una giornata molto intensa. In seduta plenaria, il Parlamento Ue ha approvato il mandato negoziale per la nuova direttiva sul copyright. La decisione – con 438 si e 226 no – è avvenuta dopo una procedura molto lunga, dopo la bocciatura dello scorso luglio.
Sia ben chiaro, la proposta, prima di avere forza di legge, dovrà passare tra i colloqui fra parlamento, Commissione e Consiglio dei ministri prima di essere approvata. Un iter che quasi certamente porterà a maggio 2019. Veniamo però agli articoli “incriminati”, queli conservati rispetto alla scorsa bocciatura e che fanno più discutere. Ci riferiamo in particolare all’art. 11, denominato “link tax” e l’art. 13, anche ribattezzato “upload filter“.
In relazione all’articolo 11, in sostanza, l’UE si riserva il diritto di imporre agli Stati membri l’obbligo di fornire agli editori la possibilità di ottenere una retribuzione adeguata per l’uso delle pubblicazioni da parte dei provider. Non è stato disciplinato invece l’utilizzo privato e non commerciale dei link. In parole povere, piattaforme come Facebook, Google e YouTube sono colpiti in pieno dalla nuova direttiva che, in sostanza obbligherà a remunerare i contenuti riproposti.
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L’art. 13 include il cd. filtro sugli upload. Qualora dovesse essere applicato, suddetto articolo imporrebbe l’obbligo di siglare contratti di licenza tra le piattaforme ed i proprietari dei diritti. Nel caso in cui non ci sia un accordo i fornitori di servizi dovranno assicurarsi che il lavoro – soggetto a copyright – non venga infranto da terzi. Dalla misura sono esclusi piccoli aggregatori di notizie ed enciclopedie free, come Wikipedia. Il testo, abbastanza controverso (nelle ripercussioni) sarà comunque dibattuto successivamente, quindi, seppur l’approvazione è ormai certa, è possibile che cambi in alcuni punti nella versione definitiva.
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