Le Simbox di Iliad potrebbero aver bisogno di essere sistemate. Così come sono adesso potrebbero non rispettare le norme antiterrorismo. La colpa sarebbe il metodo con cui viene effettuata la verifica dell’identità di chi acquista una scheda utilizzando i box messi a disposizione dell’operatore.
Le norme antiterrorismo vanno rispettate anche e soprattutto dagli operatori di telefonia mobile. Non è possibile rischiare che qualcuno riesca a completare – utilizzando documenti falsi – l’acquisto di una SIM Iliad da utilizzare per scopi illeciti.
Per questo motivo, Annamaria Parente – vice presidente della Commissione Lavoro – ha deciso di indagare sulla questione per avere chiarezza sui sistemi utilizzati da Iliad. La sua dichiarazione non lascia spazio a dubbi:
“È da poco entrato sul mercato italiano il quarto gestore di telefonia mobile, Iliad, società francese proprietaria di Free Mobile che in Italia ha due sedi principali a Roma e Milano, con solo 200 dipendenti in 12 regioni italiane”, afferma la vice presidente. “Le carte sim sono vendute in box attraverso distributori automatici nei centri commerciali, oppure on line. La normativa vigente in materia di contrasto del terrorismo internazionale prevede però che i gestori operanti in Italia, prima dell’attivazione del servizio, devono identificare l’acquirente, acquisendone i dati anagrafici e copia di un documento di identità. È una procedura che comporta molto lavoro: per questo il sistema di vendita del gestore in questione ha sollevato dubbi di conformità”
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Stando alle sue parole, è improbabile che una flotta di appena 200 dipendenti in 12 regioni italiane riesca ad eseguire correttamente le operazioni di verifica dell’identità di chi acquista una SIM tramite Simbox. Anche Luigi Di Maio – Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro – si è attivato per ottenere chiarimenti da parte di Iliad.
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