Non è mai facile ripetersi, soprattutto per quanto riguarda il cinema e la serialità, ma i fratelli Duffer sono riusciti nell’arduo intento, confezionando un altro successo come Stranger Things 2.
All’interno di questa recensione (no spoiler, tranquilli) vi dirò cosa mi è piaciuto e cosa non mi è piaciuto della serie Netflix più attesa del 2017. Mike, Will, Dustin, Lucas e Undici sono tornati per fronteggiare un’altra temibile minaccia. Ma saranno riusciti a bissare la qualità eccelsa della trama della prima stagione?
La seconda stagione si apre con un piccolo excursus su tutti i personaggi, dandoci una panoramica della situazione in cui versa ognuno di loro. Mike è alle prese con la dipartita di Undici, mentre Will si troverà nuovamente a dover far i conti con il sottosopra. Dustin e Lucas saranno invece occupati in un simpatico triangolo amoroso con l’arrivo di Maxime, uno dei tanti nuovi personaggi della seconda stagione.
Undici dal canto suo si troverà nuovamente segregata, una prigionia però del tutto diversa. Lo sceriffo Hopper rivestirà, almeno nella prima parte di questo secondo capitolo, il ruolo di padre ipe-rprotettivo e tal volta anche un po’ svitato. Si rinnova il dualismo Steve/Jonathan che vedrà Nancy dividersi tra i due, come visto nella scorsa stagione.
Il nuovo spaventoso nemico farà quindi convogliare l’attenzione di tutti nuovamente sul Hawkins National Laboratory. Una minaccia decisamente più pericolosa e evidente del Demogorgone che metterà a dura prova tutti i protagonisti.
Ma quindi, sono riusciti i fratelli Duffer a innalzare l’asticella? Purtroppo mi sento di rispondere con un nì. Se da una parte il comparto tecnico e grafico è di tutto rispetto, la seconda stagione pecca in coraggio. Forse è proprio questo che è mancato al team creativo, che si adagia sul successo della prima stagione, stravolgendo poco o niente e facendo molto affidamento sull’effetto nostalgia e sui punti cardini della prima.
Alcune dinamiche si ripetono, come il triangolo amoroso tra Jonathan, Steve e Nancy. Quelle nuove invece risultano poco approfondite, come l’introduzione di Max nel gruppo. La serie targata Netflix resta un prodotto di altissima qualità, con scene che probabilmente si imprimeranno indelebilmente nell’immaginario seriale.
Non mi sento però di dire che i fratelli Duffer si siano limitati a fare il compitino. Bob Newby ne è un fulgido esempio. Il personaggio interpretato da Sean Astin (per intenderci Sam de Il Signore degli Anelli) è una delle aggiunte migliori a Stranger Things. Bob entra di soppiatto sulla scena, ma si evolve episodio dopo episodio riuscendo a entrare nel cuore degli spettatori. Un personaggio dal cuore puro che si contrappone in modo evidente alla costante presenza del male.
Il male, “impersonificato” dal Mind Flyer, è forse quello che meno mi ha colpito. L’entità che colpisce Hawkins viene presentata come una minaccia senziente, a differenza del Demogorgone, ma non riuscirà mai a rubare la scena come si augurava il team creativo di Stranger Things. L’aspetto lovecraftiano mi ha particolarmente colpito ed è indubbio che graficamente il mostro di questa stagione incuta terrore, ma purtroppo l’abito non fa il monaco e dopo pochi episodi se ne percepisce ben poco il potenziale maligno, che mi auguro verrà sprigionato nella prossima stagione.
Stranger Things 2 prosegue il discorso della stagione precedente con lo stesso piglio, un’arma a doppio taglio che non rende questo secondo capitolo un capolavoro. Si limita dunque a rinnovare il successo della prima stagione, migliorandone pochi aspetti. Percepisco sicuramente una maggiore aderenza al medium: la prima stagione dava l’idea di essere un film a puntate, mentre Stranger Things 2 riesce cadenzare il tutto con più regolarità, grazie anche ad un episodio stand alone.
Si poteva fare sicuramente di più, soprattutto per quanto riguarda il cliffhanger della puntata finale, che si rivela piuttosto banale e abbozzato. Non fatevi però tradire dalle mie parole, gli episodi scorrono via agevolmente e il binge watching è pressocché inevitabile!
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