Nel mondo delle criptovalute, le ICO – Initial Coin Offering – sono diventate rapidamente un popolare strumento finalizzato alla raccolta di capitali per finanziare startup, ma non è tutto oro ciò che luccica: la Banca Popolare Cinese ha infatti vietato tale pratica, bollandola come illegale a causa della sua natura non dissimile da una frode finanziaria.
Così come nel mercato finanziario esistono le IPO – Initial Public Offering – tramite la quale un’azienda vende le proprie azioni per raccogliere capitali, nel mondo complesso e sempre più articolato delle criptovalute esistono le ICO, attraverso cui le aziende vendono dei token con lo stesso scopo.
Le grandi differenze tra le due pratiche sono sostanzialmente due: le ICO si acquistano tramite criptovalute (Bitcoin ed Ethereum su tutte) e sono, sostanzialmente, prive di controllo. Nessun ente vigila sulle transazioni, né tanto meno sulla solidità dell’azienda in cerca di capitali.
E proprio per questo motivo di cui sopra, la Banca Popolare Cinese ha dichiarato illegale la vendita di token allo scopo di raccogliere fondi e ha intimato tutte le startup coinvolte a restituire i proventi raccolti tramite questo sistema. Inoltre, un comitato creato appositamente per questo scopo, ha stilato una lista di 60 piattaforme finanziare legate alle ICO, che dovranno essere passate al vaglio delle autorità.
Tale decisione avrà sicuramente delle conseguenze per quanto riguarda il mondo delle criptovalute: non a caso, in questi giorni, i prezzi di Ethereum e Bitcoin sono scesi rispettivamente dell’11% e del 5,7%. Non possiamo prevedere cosa comporterà ancora la decisione presa dalla Banca Popolare Cinese: fatto sta che ci sono numerose ICO in programma per il mese di settembre, molte delle quali lanciate proprio da aziende cinesi.
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