Quante volte vi sarà capito di pensare come su Facebook ci sia un abuso della libertà di parola? Evidentemente non la pensano così in Pakistan, dove in queste ore il trentenne Taimoor Raza è stato condannato a morte in quanto dichiarato colpevole di blasfemia nei confronti di Maometto.
L’uomo era stato arrestato circa un anno fa a seguito di un acceso dibattito sul social a proposito dell’Islam, con un utente che si è rivelato poi essere un agente anti-terrorismo. Ad oggi, questa è l’azione punitiva più pesante mai inflitta nella nazione per un reato di questa natura.
Purtroppo, però, non ci stranisce parlare di questa condanna per quanto riguarda il Pakistan. Infatti, le autorità dello stato hanno da sempre spinto come Facebook, Google e gli stessi utenti che li frequentano debbano vigilare sui post altrui e segnalare eventuali commenti di questo genere. Da segnalare, inoltre, come in passato sia Facebook che Twitter fossero stati bannati, sorte che è poi toccata a YouTube lo scorso anno (ed ancora in corso).
Come affermato da Saroop Ijaz, rappresentante di Human Rights Watch, “il modo casuale con cui vengono gestite le sentenze di morte nei casi di blasfemia, unito alla mancanza di capacità tecnologiche della corte pakistana stanno creando una situazione molto pericolosa. Sentenze come questa incoraggeranno a perseguire le persone sbagliate. La confusione fra la sicurezza nazionale e la religione è molto allarmante.”
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