Il 6 giugno del 2005 fu un giorno glorioso per Intel. Il colosso della tecnologia già da anni dominava il mercato con i suoi processori per PC Windows, e in quella data Steve Jobs annunciò ufficialmente sul palco della World Wide Developers Conference che in futuro anche tutte le macchine Apple avrebbero utilizzato le CPU di Intel. La notizia consolidò maggiormente la posizione della compagnia come leader assoluto del mondo PC.
Un mondo tuttavia destinato al collasso. Apple infatti di lì a poco avrebbe presentato al pubblico il primissimo iPhone, dando inizio all’era degli smartphone. Al tempo Intel rifiutò l’opportunità di realizzare un processore per il nuovo dispositivo di Apple, in quanto convinta che non avrebbe mai avuto abbastanza successo da giustificare i costi di sviluppo.
Ma sappiamo tutti come è andata.
Pochi giorni fa Intel ha annunciato che molto presto licenzierà la bellezza di 12.000 dipendenti, vale a dire circa l’11% della sua forma lavoro. Il chiaro segno di un’azienda che non riesce ad adattarsi al mercato in continua evoluzione, oggi dominato dai dispositivi Android ed iOS con i loro processori ARM.
Al momento il bilancio di Intel non è affatto in rosso. Recentemente la compagnia ha infatti rivelato di aver generato un profitto di ben 2 miliardi di dollari solamente durante il primo quarto del 2016. Ma la crescita dell’azienda sembra in stallo, e questo ha fatto impensierire gli investitori di Wall Street.
La scelta di Intel di non supportare Apple ed il suo iPhone è un classico errore che nel mondo dell’economia viene spesso definito “disruptive innovation”, traducibile in italiano come “innovazione distruttiva”. Il termine viene utilizzato per indicare un prodotto o una innovazione tecnologicamente più economica e semplice da realizzare, che erode pian piano il mercato fino a trasformarsi nella tecnologia dominante.
Ironia della sorte, è la stessa punizione impartita ormai più di trent’anni fa da Intel alla precedente generazione di innovatori nel mercato dei computer. Nel 1980 infatti erano molto popolari i cosiddetti “minicomputer”, prodotti in gran quantità soprattutto da un’azienda chiamata Digital Equipment Corporation.
Queste macchine della grandezza di una lavatrice potevano arrivare a costare anche decine di migliaia di dollari, e risultavano “mini” solo se comparate ai giganteschi mainframe che li avevano preceduti.
I primi PC moderni furono invece chiamati “microcomputer”, e al tempo venivano visti dalla Digital Equipment Corporation come poco più che dei semplici giocattoli. L’azienda era fermamente convinta che delle macchine del genere non avrebbero mai potuto avere successo, e non investirono in alcun modo in quel mercato emergente.
E anche in questo sappiamo tutti come è andata.
La PlayStation 5 è stata lanciata il 19 novembre 2020 in Italia, una settimana dopo…
Dopo 16 anni dal suo arrivo sul mercato, iPhone 2G torna a sconvolgere la vita…
Con l'acquisizione di Activision oramai andata in porto, Microsoft e Sony hanno finalmente firmato uno…
L'operatore virtuale di Vodafone torna alla carica e questa volta prova a tentare i clienti…
Google ha annunciato oggi l'arrivo di Bard anche in Europa e in Italia, dopo la…
L'accesso a Internet è diventato fondamentale nella nostra società sempre più digitale. Per garantire una…