Apple vs FBI

Le vittime dei terroristi chiedono ad Apple di collaborare con l’FBI

La disputa tra la Apple e l’FBI sembra una storia senza fine, e probabilmente per giungere all’epilogo sarà davvero necessario aspettare ancora molto; la vicenda è stata analizzata da tutti i punti di vista possibili, quello etico, quello della privacy futura degli utenti, ma pochi se non quasi nessuno si è messo nei panni delle vittime dell’attacco di San Bernardino o dei loro familiari. Durante l’attacco terroristico dello scorso dicembre, lo ricordiamo, hanno perso la vita 14 persone mentre 22 sono rimaste ferite.

Proprio di oggi è la notizia secondo la quale, un avvocato eletto come portavoce delle vittime dell’attentato di San Bernardino, depositerà a breve una nota legale nella quale le persone coinvolte chiedono formalmente alla Apple di collaborare con le indagini dell’FBI.

Come ricorderete, la collaborazione richiesta all’azienda di Cupertino consisterebbe nella forzatura del codice di sicurezza dell’iPhone 5 di Syed Farook, al fine di poter avere accesso ai dati al suo interno e dunque ad eventuali indizi sulle indagini. Apple ha tuttavia rifiutato “l’invito”.

Per rincarare la dose, James Comey, direttore dell’FBI ha recentemente dichiarato che la richiesta ignorata da Apple “proveniva congiuntamente dalle vittime e dalla giustizia”.

Stephen Larson, il difensore delle vittime, ha poi aggiunto che “questa gente è stata presa di mira dai terroristi ed essi meritano di sapere il motivo, specificando che egli difende la causa di queste persone senza alcun compenso economico.

Dal canto suo, e dopo le dichiarazioni di Tim Cook, che ha definito una forzatura pericolosa la richiesta del giudice federale, l’FBI ha aggiunto: “vogliamo solo ottenere la possibilità, per mezzo di un mandato di perquisizione, di ottenere il codice di accesso dello smartphone del terrorista, senza correre il rischio di bloccare il dispositivo o fare in modo che esso di autodistrugga. Tutto qui, non ci interessa decriptare i codici di nessuno né ottenere una “master key” per forzare tutte le serrature” (questa era una delle accuse mosse da Cook).

“Forse”, prosegue l’FBI, “il telefono contiene informazioni utili per rintracciare altri terroristi, o forse no, ma non riusciamo a guardare i sopravvissuti negli occhi o noi stessi allo specchio e dire che siamo totalmente incapaci di agire“.

La scorsa settimana il creatore di software John MacAfee si era proposto di decriptare il codice dell’iPhone al posto della Apple, precisando che gli sarebbero servite solo tre settimane di lavoro e promettendo di mangiare una sua stessa scarpa in televisione se la sua squadra non fosse riuscita nell’impresa.

Sperando che nessuno debba mangiare una scarpa per risolvere la delicata questione, ci domandiamo quanti personaggi dovranno ancora “entrare in scena” e quanto sarà ancora necessario scrivere prima che si sbrogli l’intricata matassa e tutti ottengano (almeno in parte) ciò che vogliono.

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